One Cut of the Dead – La nostra recensione

One Cut of the Dead arriva dal Giappone mietendo consensi, riscontrando un successo planetario tale da non lasciare indifferente neanche l’Italia: dopo essere passato al Far East Film Festival, al ToHorror Film Fest e al Lucca Comics and Games, ora approderà nelle sale italiane il 7-8-9 novembre grazie a Tucker Film. 

Il sottotitolo italiano Zombie contro zombie ci avvicina alla scoperta della storia: una piccola troupe sta girando un film di zombie all’interno di un edificio abbandonato, quando improvvisamente viene sorpresa da un gruppo di autentici non morti assetati di sangue. Questo non è che l’incipit, e l’unico accenno di trama che troverete in questa recensione, ma nella sua semplicità racchiude tutto il senso del film.

Uno scoppiettante esordio quello del giapponese Shin’ichiro Ueda, un film che non può passare inosservato nel mercato mondiale. E’ un film semplice ma che contiene diversi elementi di interesse per il mercato del cinema.

Innanzitutto è un film di genere, scelta molto attuale e che segue i gusti di un mercato internazionale sempre più nostalgico e desideroso di recuperare gli iconici stilemi di horror, western e fantascienza. Omaggia infatti tutta una tradizione di film che hanno introdotto la figura del non morto come metafora del decadimento della società e la lotta dell’uomo per la propria integrità. Questa critica socio-politica è presente anche in One Cut of the Dead, benché la sua riflessione si sposti sui mutamenti che il cinema sta subendo con il progresso tecnologico e l’ingresso sempre più massiccio delle logiche social. La capacità dimostrata dal regista è quella di inserire sottilmente questo livello di analisi critica senza però andare a disturbare l’andamento della storia. Come ci è riuscito?

Ha ibridato il film horror con la commedia, che regala a un pubblico indifferenziato un’ora e mezza di intrattenimento puro, fatto di sketch parodistici, inseguimenti, colpi di scena, situazioni paradossali che strapperanno una risata sia al fanatico del genere che allo spettatore medio. Ma il film è anche metacinematografico, è una struttura a matrioska che condensa in sé uno sconfinato amore verso il cinema e i suoi meccanismi finzionali. E’ così che i due livelli di intrattenimento e di riflessione si uniscono e regalano un’esperienza di visione diversa per ogni spettatore e diversa a ogni visione. 

Tutti questi elementi sono disposti in maniera ingegnosa e giocano un ruolo chiave per la diffusione e appetibilità del film in tutto il mondo. E’ un film universale, che però porta alto lo stendardo del Giappone. In Italia in particolare non abbiamo una grande importazione di film nipponici, fatta eccezione per i film di Hirokazu Koreeda e pochi altri. Questo film riesce a inserirsi in una faglia del mercato portando giovamento a tutti con un prodotto compiuto e accessibile.

E’ davvero difficile parlare di questo film senza anticipare le sorprese che lo spettatore vedrà andando in sala, perciò soffermiamoci solo su alcune curiosità. Il film, realizzato come saggio conclusivo di un workshop cinematografico, è stato girato con una troupe ridotta di circa 30 persone tra attori e tecnici ed é costato appena 20.000 dollari. Ci da una dimensione del successo quando vediamo che per ora gli incassi hanno superato i 20 milioni di dollari.

Il film è originariamente chiamato kamera wu tamer na! che significa “non fermate la camera!”, mentre il titolo One Cut of the Dead (letteralmente un “taglio” per i morti) si riferisce allo stop sul set, quando si decide di interrompere la ripresa, e quindi più propriamente si parla di “una ripresa per i morti”. Zombie contro zombie è un po’ il sottotitolo che viene spesso inserito nelle versioni italiane quando non si vuole tradurre il titolo originale ma si vuole comunque aiutare lo spettatore a collocare il film in qualche casella, ma inaspettatamente da anche una profondità di senso ulteriore collegata a tutto il background metacinematografico di cui facevamo riferimento prima. Insomma anche a livello di marketing dobbiamo dire che Tucker Film ha fatto un buon lavoro.

Sulla scelta dell’uscita in sala in sole tre giornate purtroppo, per quanto dispiaccia che le possibilità di vederlo vengano limitate, abbiamo ormai imparato che per diverse case di distribuzione questo è l’unico stratagemma per condensare costi e organizzazione e avere il massimo rendimento. Nonostante tutte le difficoltà che immaginiamo esserci state per realizzare un caso cinematografico così interessante prevediamo che il successo non tarderà ad arrivare anche in territorio nostrano, grazie alle vetrine già avute in festival italiani e una sempre crescente horror mania del pubblico della sala.

Prima pubblicazione 5 novembre 2018, su www.sentieriselvaggi.it

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