Il cinema ai blocchi di partenza: la riapertura delle sale mette in luce le criticità del sistema.

I cinema riaprono

Con il decreto legge annunciato il 16 maggio 2020 il governo si è pronunciato sulla riapertura dei cinema e dei teatri, indicando la data del 15 giugno. La notizia ci ha piacevolmente scosso, perché fino ad ora non avevamo ancora sentito parlare di sale nelle comunicazioni istituzionali. Le singole regioni potranno decidere se aderire a questa data di apertura o attendere ancora in base alla gravità della situazione, e la scelta dipenderà poi dai singoli cinema, che dovranno valutare se sono in grado di condurre l’esercizio rispettando le norme igienico-sanitarie. Le direttive per poter aprire sono descritte nell’art.1 al comma m)  del DPCM e nell’allegato 9: deve essere regolata la distanza di almeno un metro tra ogni spettatore (anche dello stesso nucleo familiare) e membro del personale; i locali devono essere sanificati con regolarità e bisogna approntare un sistema efficace di ricircolo dell’aria; deve essere incentivata la modalità di acquisto dei biglietti tramite sistemi telematici (anche se la maggioranza degli avventori abituali dei cinema in Italia è anziana); vietata la vendita di cibi e bevande all’interno dei cinema, così da limitare gli scambi ed evitare che gli spettatori siano tentati a rimuovere le mascherine (ma ricordiamo che, soprattutto i grandi cinema, guadagnano moltissimo proprio dalla vendita di caramelle e pop corn). 

Nel comma m) viene anche detto che si potrà arrivare a un numero massimo di presenze di 200 spettatori nei luoghi chiusi o di 1000 nei luoghi all’aperto. Questa distinzione massiccia innanzitutto esclude dal ragionamento il gran numero di piccole sale presenti sul nostro territorio, che contano già di partenza meno di 200 posti, ma che ovviamente non potranno riempirli tutti. E poi la differenza tra i due contesti di spettacolo, al chiuso e all’aperto, sta portando molti professionisti a interrogarsi sull’importanza che assumeranno le arene estive quest’anno, portando in evidenza un problema enorme di conflitto tra sale ed arene, che dura già da tempo. Le arene di solito sono gestite da realtà associative che fanno domanda di spazi comunali per proporre un’attività culturale a basso prezzo o addirittura gratuita, al contrario dei cinema che sono invece attività imprenditoriali, che devono sostenere un costo continuativo di affitto, personale e utenze durante tutto l’anno, non solo i mesi estivi, e che mantengono quindi anche un biglietto più alto, solitamente dai 5 agli 8, 9, 10 euro. Considerate queste importanti differenze gli esercenti, già piegati dai mesi di mancati incassi, quest’anno non sono così felici della concorrenza delle arene, a maggior ragione dato che potranno riaprire da metà giugno, un mese sfavorevole anche in un’annata normale. Nonostante questo, ANEC, con la partecipazione di ANICA, sezione distributori e produttori, Accademia del cinema italiano David di Donatello, e con il sostegno della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del MIBAC, hanno ideato un coordinamento di arene all’aperto chiamato Moviement Village. A detta del presidente di ANICA Francesco Rutelli questa iniziativa non si pone in competizione con le sale, poiché le arene lavoreranno con i film della stagione scorsa o con quelli già usciti in piattaforma durante il lockdown. Però, proprio in questi giorni, l’associazione Cinema America, che gestisce da tre anni delle arene estive significative nell’area di Roma, ha denunciato atti di ostruzionismo da parte dei distributori, dei quali ANICA non ha risposto. Pare che i ragazzi dell’associazione siano ritenuti una minaccia per i cinema della città partenopea, al punto di vedersi negati i titoli di seconda visione per nessuna ragione. Questo dibattito recente ci mostra come il sistema distributivo italiano non sia trasparente ne sistematico, e ancora una volta dobbiamo fermarci a pensare se queste situazioni di crisi, emerse con maggiore forza data la precarietà del contesto attuale, saranno la base su cui fondare una riflessione per migliorare il sistema futuro oppure l’occasione per apporre un’ennesima toppa e tirare dritto trainati dai poteri più forti. 

Nel comunicato Ansa del 6 maggio sono riportati dati drammatici sulla condizione delle sale: 4000 schermi oscurati, lavoro sospeso per 6000 dipendenti e una perdita di 120 milioni di euro di incassi solo riguardo il box office, e le norme dettate dal nuovo DPCM non sembrano essere di aiuto. Il presidente dell’ANEC Mario Lorini trova le norme per la riapertura dei cinema ingiustamente penalizzanti per il settore cinematografico e, sebbene accetti la data di riapertura, vorrebbe un confronto con le istituzioni per definire norme più attuabili. Queste disposizioni non sono sostenibili economicamente da parte degli esercenti: potranno riempire circa un terzo dei posti a sedere al prezzo però di apportare innumerevoli modifiche e costi aggiuntivi, sulla cui sostenibilità lo stato non si è ancora pronunciato chiaramente. Sebbene i fondi per lo spettacolo siano stanziati, sappiamo che tra il momento della richiesta e l’effettivo pagamento possono passare mesi. A questo punto quali sale decideranno di riaprire? Questa crisi appiana molte delle differenze tra multiplex e monosale, poiché tutti hanno dovuto rinunciare al proprio regime di sostenibilità a lungo, e con l’incognita di quanti spettatori effettivamente parteciperanno e quali film saranno disponibili per la messa a schermo, tanti decideranno di non riaprire affatto, almeno fino all’autunno. 

La Sala Online

Dopo mesi di uso delle piattaforme streaming per visionare film, di nuova uscita e non, sono fioriti diversi progetti basati su un concetto diverso: quello di dividere il prezzo del biglietto tra la piattaforma, la distribuzione e la sala. Spieghiamo meglio parlando subito di queste piattaforme. La prima ad essere lanciata è stata Mio Cinema, sostenuta da Antonio Medici (BIM distribution, Circuito Cinema), Andrea Occhipinti (Lucky Red) e MyMovies, andata online lunedì 18 maggio. Attraverso un accordo tra distribuzioni e sale cinematografiche una serie di film da essi adottati verranno messi online e disponibili con il pagamento di un biglietto. A differenza di piattaforme come Chili, Infinity o altre, tramite Mio Cinema il 40% del costo del biglietto (7,99€ per le nuove uscite) andrà destinato alla sala scelta dallo spettatore per sostenerla. Il 40% è una percentuale assimilabile a quello che effettivamente resta nelle casse del cinema quando noi la frequentiamo fisicamente, quindi con questo meccanismo si spera di poter dare un piccolo segnale di ripartenza. 

Affine è il meccanismo di Io resto in sala, iniziativa di produttori ed esercenti partita il 28 maggio, che fornisce a ogni sala una sua pagina di streaming dove “proiettare” i film in programmazione in determinati giorni e orari per i propri spettatori. Il meccanismo è sempre lo stesso: si paga il biglietto e si guarda il film, e una percentuale resta nelle tasche della sala. 

Non possiamo fare a meno di notare che, nonostante modalità e finalità siano uguali, siano comunque nati differenti progetti, ognuno con dei suoi partner differenti. Rimane da scoprire come queste iniziative si svilupperanno e i risultati che otterranno. E’ improbabile che questo tipo di strategia garantisca un ritorno al numero di biglietti staccati prima del Covid, ma magari potrà essere un’iniziativa che aiuterà ad ampliare il raggio di diffusione di film più piccoli, che normalmente avrebbero raggiunto pochi spettatori. E non è detto che in futuro, anche a sala riaperte, queste piattaforme autonome possano mantenere i diritti di un film più a lungo per poterli sfruttare nelle sale virtuali. Ma è tutto da vedere poiché in Italia occorre tornare a rivedere le politiche di distribuzione, la questione delle finestre per lo streaming e della durata dei contratti di sfruttamento alla luce degli eventi recenti.

Diverse strategie dei festival

Mentre Cannes fa una scelta radicale, trasformandosi in un marchio di garanzia per i film selezionati dal proprio comitato (ne abbiamo parlato nell’articolo dedicato), in Italia abbiamo invece un esempio molto particolare, che si pone in maniera opposta. Parliamo del Far East Film Festival, che si sarebbe dovuto svolgere a fine aprile a Udine per la sua 22^ edizione. Il festival era già entrato in collaborazione con la piattaforma MyMovies durante il lockdown, creando una serie di appuntamenti in streaming per vedere alcuni film orientali proposti nelle edizioni precedenti e una retrospettiva su Ozu che ha avuto un grandissimo successo. Questa collaborazione verrà portata avanti per realizzare un evento completamente virtuale, atto a aggregare la community di appassionati e professionisti anche a distanza. E’ già pubblica una line-up di 45 film e una campagna accrediti molto efficace e che rivela diversa sorprese. Chiunque potrà accedere al festival da casa pagando uno dei tre tipi di accredito, a partire da prezzo base di 9.90 che permetterà di vedere tutti i film selezionati e assistere agli eventi speciali durante il periodo del festival (26 giugno-4 luglio) e darà l’accesso per un mese a una piattaforma di streaming dedicata Far East Film Online, che inaugurerà il 1 agosto e verrà aggiornata periodicamente con nuovi film. L’ideazione di una piattaforma dedicata è un investimento importante e un gesto importante verso una community molto forte come è quella del Far East, che non mancherà di accreditarsi, magari anche con il pacchetto più costoso che include maglietta e altri gadget per identificarsi nella “tribù” e persino uno sconto per l’accredito per la prossima edizione del festival nel 2021. Questa è una strategia di affiliazione vera, potente e che, ad ora, non sembra togliere niente della unicità dell’evento festival (ci sono ancora date definite, anteprime di film, eventi speciali che ci verranno rivelati), ma viene per noi ampliato l’orizzonte di partecipazione. Un festival lungo un anno, quello che tutti gli appassionati del cinema orientale sognano!

Vedremo coi fatti quale strategia sarà quella vincente, considerato che ogni festival ha la sua storia, il suo pubblico e i suoi obiettivi differenti. Aspettiamo ancora con ansia la strategia di Venezia 77, alla quale speriamo di partecipare in ogni qual forma sarà.

Primi film dopo il Covid

Nel frattempo sono state ultimate le riprese del primo film realizzato durante il Covid: l’horror Warhunt di Mauro Borrelli e con protagonista Mickey Rourke, girato a Riga, Lettonia. Le riprese erano iniziate prima dello scoppio della pandemia, e si sono dovute adattare alle linee guida per la salvaguardia da contagio durante tutto il resto della lavorazione. Due volte al giorno veniva presa la temperatura a tutti, sono state rispettate distanza di sicurezza, uso delle mascherine e di gel disinfettanti, e si è cercato di arginare ogni possibile fonte di contaminazione, fino alle valigette del trucco, che sono state divise e dedicate ognuna a uno specifico attore. Questo ha dimostrato che è possibile portare avanti il lavoro in determinati tipi di film e in certe dimensioni di set. E’ difficile pensare a un ritorno sul set per Tom Cruise e i suoi Mission Impossible, che prevedono il coinvolgimento di tantissimi professionisti, così come è difficile ancora pensare a film d’azione o d’amore dove il contatto fisico tra gli attori sia intimo e prolungato. 

Il mondo del cinema potrebbe essere assistito dall’industria del cinema porno, che è abituato a fare continui test sui suoi professionisti e ha già una consuetudine di tracciamento dei contatti e relativo stop delle produzioni. In questi mesi anche questo settore si è fermato, ma avendo già un protocollo sanitario molto rodato non presenta le stesse criticità pratiche e organizzative di altre produzioni. 

E’ stata annunciata la prima uscita al cinema in Italia da quando è iniziata l’emergenza. Si tratta del film Disney Pixar Onward che uscirà in sala il 22 giugno. Il film è già stato distribuito in USA il 6 marzo, quando ancora l’emergenza non aveva raggiunto l’America, ed è stato poi distribuito in piattaforma appena due settimane dopo, quando invece la finestra tra distribuzione fisica e sala cinematografica in USA dovrebbe contare 105 giorni. Questo strappo alla regola è stato dettato proprio dall’ingresso del Covid in USA. Il film è stato rilasciato sulla piattaforma Disney+, ma non nel catalogo italiano. Pare quindi una scelta buona quella di lanciare questo prodotto, che è già stato presentato a Berlino e riconosciuto positivamente dalla critica, poco dopo la data di riapertura del 15 giugno delle sale italiane. Disney potrà senz’altro permettersi di distribuire un alto numero di copie nei cinema che riapriranno e potrà contare su una scarsa concorrenza, dato che ancora non abbiamo altre uscite confermate. Si tratta inoltre di un film di animazione capace di portare in sala tutta la famiglia. 

Attendiamo adesso la fatidica data di riapertura, per la quale saremo in prima linea fuori dal nostro cinema preferito per testare di persona le nuove modalità e soprattutto per sostenere il mondo che tanto amiamo.

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Cinema e Covid: per lo spettacolo quale fase due?
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