Sfrontato, acclamato, denigrato, molto atteso. Il nuovo film di Gaspar Noé è stato sulla bocca di tutti dalla sua presentazione al Festival di Cannes, accompagnato da una scia di “devastante”, “ribalterà il vostro mondo”, “brillantemente squilibrato”.
Un’accoglienza degna della sua storia, disseminata di opere controverse e sempre al centro dell’attenzione della critica, da Irreversible fino a Love (reso ancora più conturbante dalla realizzazione in 3D).

Non sapevamo se Climax avrebbe trovato spazio nelle sale italiane, sempre affidandoci alla storia pregressa delle sue pellicole, e invece siamo stati fortunati. E’ stato per ora proiettato al Milano Film Festival e, a distanza di una settimana, al ToHorror Film Festival, dove sono riuscita a vederlo.
E siamo dunque al punto: com’è davvero questo film?
Partiamo dalle cose ovvie. La trama del film è nota sin da Cannes: un gruppo di ballerini allestisce una festa dopo le ultime prove, chiusi in una palestra chissà dove, ma la festa prende una brutta piega grazie a una sangria drogata, non si sa da chi…

Gli ingredienti usati sono una sintesi estrema dei feticismi di questo regista: l’osservazione dei corpi e il caos allucinatorio. Sono elementi ricorrenti nei suoi film, per quanto siano storie molto diverse l’una dall’altra. Quest’opera non solo li riunisce, ma anche tecnicamente si presenta come una summa del suo stile, un saggio quasi, ben esplicato nella lunga sequenza di interviste ai personaggi in apertura. Tutti si presentano, donano una prima impressione di sé che ci fa sognare gli scenari che vedremo poi nella pellicola. Le interviste vengono trasmesse in un vecchio televisore, incastonato in un mobile libreria dove sono chiaramente leggibili i nomi di autori e film che hanno influenzato il regista. Un’opera quindi che si propone da subito con un’impostazione saggistica, di analisi, sia dei personaggi che della rappresentazione cinematografica.
Tant’è che quando entriamo nel vivo dell’azione Noé ci sconvolge con un piano sequenza vertiginoso, complesso e al tempo stesso così fluido che ci costringe a chiederci costantemente “come è possibile?”.
Come è possibile?
Questa domanda rimbomberà nella vostra testa come la musica composta da Cerrone.
Però questo film è anche diverso dai suoi lavori precedenti. Noto per il suo gusto per la violenza e le immagine d’impatto, Noè qui è stranamente contenuto. Resta la provocatorietà, innescata in un discorso sotteso sulla Francia, sul patriottismo e sul senso di appartenenza di questi ballerini. Resta una costruzione in crescendo di tensione, resta l’uso simbolico dei colori e delle luci, giochi che si vedono e si riconoscono quasi in maniera didattica. E resta uno sguardo ossessionato sui corpi, bellissimi, dinamici e pronti a contorcersi sotto l’effetto non solo di droghe, ma di disagi e sofferenze insite da ben prima di quella tragica serata.
A questo proposito mi viene un paragone diretto con un altro film recente di cui sono state idolatrate le scelte di coreografia e di sguardo su corpi danzanti, che è Suspiria di Guadagnino. Secondo me, avrebbe solo da imparare a guardare la costruzione operata da Noé.
Un film che può essere guardato anche da chi ha sempre avuto paura di Noè, che ne mantiene però le peculiarità di stile e lo conferma come un autore interessantissimo, anche se la sua ricerca sembra essere finita. Distributori italiani, se avete sempre avuto paura di questo tipo di pellicole per me potete andare sul sicuro.
Voi che ne dite? Vorreste vederlo? Fateci sapere la vostra opinione!
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