Riflessioni sul TFF37 tra gioie e (parecchi) dolori

Finito un festival se ne fa un altro.
Il Torino Film Festival è un evento che ci sta molto a cuore, ma arrivate al momento del bilancio conclusivo eravamo entrambe un po’ meste. Discutiamo sempre a lungo delle nostre impressioni, dei film che abbiamo visto e quelli che ci sono piaciuti (spesso titoli diversi su cui amiamo perdere qualche ora a litigare), ma quest’anno le cose da dire non erano molte. Questo TFF è stato meno interessante rispetto ai nostri pronostici. Ne avevamo parlato nell’articolo di apertura, dove di fronte a un programma abbastanza magro avevamo comunque trovato diversi titoli che eravamo curiose di vedere. Certo, eravamo dovute tornare alla realtà dopo aver sognato di poter vedere The Lighthouse o Little Women in qualche sezione, ma alla fine le nostre prospettive erano piuttosto positive.

A festival finito purtroppo non possiamo dire di essere state davvero convinte. Avevamo già parlato di come il Torino Film Festival si prenda i suoi rischi proponendo una sezione di concorso principale composta solo da prime opere, che in effetti possono essere film imperfetti e più difficili da difendere. Tenendo a mente questo comunque il pubblico si aspetta di vedere lavori audaci e originali, con dietro una grande forza, una ricerca, un desiderio di sperimentazione tale da imprimersi nella mente degli spettatori. Tra i titoli che abbiamo visto pochi si sono contraddistinti in questo modo, neanche tra i vincitori (il cui elenco potete trovare in fondo all’articolo). 

Le sezioni in cui abbiamo visto cose più interessanti sono piuttosto Festa Mobile e Afterhours, non competitive e più slegate da vincoli, e la sezione di retrospettiva horror Si può fare!, il cui successo sta nell’aver accuratamente selezionato film già ampiamente riconosciuti come capolavori o chicche per intenditori. 

Nell’offerta del festival ha spiccato la personale dedicata alla regista macedone Teona Strugar Mitevska, una proposta audace e oculata da parte della direzione artistica, capace di creare un vero fenomeno di pubblico intorno a questi film di valore indiscutibile e che altrimenti  non avrebbero mai raggiunto il pubblico torinese. Speriamo che questa idea di dedicare una sezione del festival alla scoperta dell’opera di un singolo autore poco noto rimanga anche nelle prossime edizioni. Si tratterebbe di un connubio salvifico tra il desiderio di portare a Torino qualcosa di mai visto e al tempo stesso scegliere un autore sulla base di un corpus di opere preesistente.
Dopo questa breve riflessione, abbiamo deciso di raccontare brevemente i film che ci hanno colpito di più di questa edizione.

I preferiti di Arianna

Scream, Queen! My nightmare on Elm Street di Roman Chimienti, Tyler Jensen, Afterhours
Questo documentario racconta la vita di Mark Patton, attore che recitò per la prima volta da protagonista in Nightmare 2 – La rivincita per poi sparire dalle scene. Il film è molto coinvolgente e buffo, ma al tempo stesso delicato nel calarsi nella vita di questa ex star segnata da una storia personale molto difficile, in parte proprio grazie al suo ruolo nel primo film horror con sottotesto omosessuale…

Dylda di Kantemir Balagov, Concorso TFF37
Tra i film in concorso questo era quello dai natali più illustri, essendo che il giovane regista russo è già passato da Cannes. Il film ci immerge nella Russia post bellica dove seguiamo una ragazza denominata da tutti “giraffa”. La sua altezza la contraddistingue, ma l’elemento più importante è la sua fragile interiorità messa a dura prova dal mondo circostante. Il film trasmette una pasta ferrosa e calda nel suo contrasto di tinte verdi e rosse da cui emergono i volti bianchi delle protagoniste. 

Guns Akimbo di Jason Lei Howden, Afterhours
E siamo arrivati al titolo davvero ignorante, quelli che hai timore ad ammettere che ti siano davvero piaciuti. Ma i motivi ci sono. Un impacciato Daniel Radcliffe si risveglia con delle pistole ancorate alle mani e deve iniziare una fuga all’ultimo respiro per non essere ucciso per il divertimento del pubblico dei social. Distopia, critica sociale, humor nero e degenere in un’atmosfera fumettistica spinta al massimo, che mi ha fatto ridere e appassionare ai personaggi. Perchè per quanto trash è un film scritto bene, girato bene e montato meglio.

I preferiti di Elisa

Beats di Brian Welsh, Festa Mobile
Quarto film dello scozzese Brian Welsh è stata una delle più grandi sorprese del festival. La storia è ispirata da un’autentica legge in vigore negli anni novanta in Irlanda, che impediva i raduni di più di venti persone riunite ad ascoltare musica caratterizzata da una serie di beat uguali ripetuti. I protagonisti Johnno e Spanner, infatti, fanno di tutto per raggiungere un rave clandestino e ascoltare la musica proibita che amano. Girato con un bianco e nero impeccabile, questo film pulsa al ritmo della musica che racconta, vivendo non solo nei suoi battiti ripetuti, ma anche nelle ottime interpretazioni (degli attori, ma non serve scriverlo magari) e nell’emozione degli spettatori che vengono da loro trascinati e travolti.

Space Dogs di Elsa Kremser e Levin Peter, TFFDOC/Internazionale
Un’opera che crea un ponte tra documentario e finzione rappresentando una storia vera con un tocco di magica finzione. La vicenda della prima cagnolina mandata nello spazio dai russi è la base da cui i registi sono partiti, arrivando a riprendere e raccontare la vita quotidiana di alcuni cani randagi di Mosca. Il punto di vista non è mai umano, ma è sempre quello dei cani, ed è un lavoro molto interessante non solo per il cambio di prospettiva, ma anche per l’originalità e il coraggio con cui mostra la vera natura di animali ed esseri umani. 

Wet Season di Anthony Chen, Concorso TFF37
Tra i film visti del concorso, insieme a Dylda già citato da Arianna, Wet Season tra le opere migliori. La trama ruota intorno ad una professoressa di cinese e ai suoi disperati tentativi di rimanere incinta, in bilico tra il marito che la ignora e l’inaspettata amicizia con uno dei suoi studenti. Un film semplice e umano che porta a compimento una delicata rappresentazione della femminilità. 

Il nostro festival si è concluso con due visioni piuttosto particolari per motivi diversi.

Knives Out, visto da Elisa, che è stato il film di chiusura ufficiale e una delle più grosse delusioni del festival. Nonostante il cast eccelso, sembra di guardare un concerto della banalità in persona. La trama investigativa viene risolta in modo per nulla accattivante ed originale. Dal primo minuto tutto è scontato, fino a sfociare in una sequenza finale che tocca il ridicolo più assoluto. Una grossa delusione non solo del TFF ma in generale di tutta l’annata cinematografica.  

L’altro evento imperdibile del festival è stato Libertè di Albert Serra, autore che ha già un notevole seguito, e che qui racconta un gruppo di libertini evasi dalla corte di Francia che si raduna sul confine per consumare una notte di divertimenti. La storia è tutta qui, nella sua disarmante freddezza, e il film si rivela una critica sottile ma impietosa al potere, all’appeal del sesso e alla nostra percezione di libertà. Senza dubbio l’opera più triste e desolante del festival, che crea una tensione costante per qualcosa che alla fine non avremo mai, la soddisfazione. Opera coraggiosa, disposta a confrontarsi coi nostri desideri pruriginosi di spettatori e a lasciarci a bocca asciutta, uccidendo ogni possibile pulsione e speranza. 

Oltre a questo pezzo abbiamo già scritto alcuni articoli dal festival, un focus sulla selezione di Carlo Verdone (pt.1 e pt.2), quello su Jojo Rabbit e The Barefoot Emperor (edito su Cined@amsBlog). E sono in arrivo quelli su Wet Season e Synonymes, quindi tornate a trovarci!

I PREMI ASSEGNATI

Miglior film
HVÍTUR, HVÍTUR DAGUR / A WHITE, WHITE DAY di Hlynur Pálmason (Islanda/Danimarca/Svezia)
Premio per la Miglior attrice
VIKTORIA MIROSHNICHENKO e VASILISA PERELYGINA, per il film Dylda / Beanpole di Kantemir Balagov (Russia)
Premio per il Miglior attore
GIUSEPPE BATTISTON e STEFANO FRESI per il film Il grande passo di Antonio Padovan (Italia)
Premio per la Miglior sceneggiatura
WET SEASON di Anthony Chen (Singapore /Taiwan)
PREMIO DEL PUBBLICO
MS. WHITE LIGHT di Paul Shoulberg (Stati Uniti)
Miglior film per Internazionale.doc
143 RUE DU DESERT di Hassen Ferhani (Algeria/Francia/Qatar)
Premio Speciale della giuria per Internazionale.doc
KHAMSIN di Grégoire Couvert e Grégoire Orio (Francia)
Miglior film per Italiana.doc
FUORI TUTTO di Gianluca Matarrese
Premio Speciale della giuria per Italiana.doc a:
L’APPRENDISTATO di Davide Maldi

Leave Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *