Maternal – La nostra recensione

Dopo quasi due anni dall’anteprima al Festival di Locarno arriva nelle sale italiane Maternal, un film delicato di cui consigliamo la visione. Questa recensione è stata scritta nel 2019 appena dopo quella proiezione, durante la nostra esperienza locarnense.

Il primo film di finzione di Maura Delpero si muove con eleganza e puntualità nell’affrontare, da un punto di vista nuovo, il tema della maternità. Presentato nel Concorso Ufficiale del 72^ Festival di Locarno questo film porta alto lo stendardo del cinema italiano. La regista, originaria di Bolzano, ha studiato sceneggiatura a Buenos Aires, luogo in cui ha trovato l’ispirazione per la storia che racconta nel film.
Lavorando in un convento che ospita giovani madri in difficoltà ha visto una suora che cullava un neonato, e da questa suggestione (che è diventata anche l’immagine promozionale dell’opera) ha cominciato a scrivere il film.

La storia è incentrata su tre donne: due sono giovani mamme argentine, che dividono una stanza all’interno del centro cattolico italiano e incarnano due tipi di donna molto diversi. Luciana non vuole rinunciare agli svaghi giovanili, a costo di lasciare la figlia Nina alle cure della compagna di stanza Fatima, che è invece una ragazza modesta e triste, che fatica ancora ad arrendersi alla sua seconda gravidanza indesiderata, vivendo con profondo sconforto la propria maternità. La terza protagonista è invece Suor Paola, novizia che si appresta a prendere i voti ma che al contempo vive un richiamo materno nei confronti di Nina. Il rapporto tra suora e bambina si stringe con l’assenza della madre, trovando però ostacolo nelle suore anziane. La maternità, affrontata in tutte le sue sfaccettature, colma il film in una collana di scene poetiche che una dopo l’altra mostrano le diverse accezioni di amore materno e dedizione spirituale, interrogandosi su quale possa essere il limite tra i due. Dov’è il confine per donare a una bambina l’amore necessario per renderla felice?


Suor Paola si trova a ricoprire una posizione nuova, che non si aspettava potesse essere sua, e, nel tentativo di tenere separati il suo desiderio di maternità e la tensione verso la conferma dei voti, comprende di dover fare i conti con un altra pulsione umana, bassa e viscerale: la necessità. Tenere Nina tra le sue braccia è come una dipendenza, un gesto così semplice e arricchente da intimorire nella sua spontaneità. Decidere di separarsi da lei non è facile, ma questa richiesta di amore che invade la vita di Suor Paola assume un valore fondamentale nel suo percorso. Sollevare un bambino da terra, trovando la forza di donargli tutto quello di cui ha bisogno, completa la fatica e la paura delle neo mamme come Fatima, la cui vita è stata sconvolta dalla gravidanza in un paese dove è ancora illegale l’aborto. Un mondo dove il parto diventa una liberazione, interpretata da una sottile tenda mossa finalmente dal vento. Come Suor Paola dovrà cercare di trovare una distanza lecita nella relazione con Nina, Fatima e Luciana dovranno invece trovare un modo di colmarla e di assurgere infine al loro ruolo, anche se costretto, di madri.

Lo andrete a vedere?

Approfittiamo di questo spazio dedicato al femminile per promuovere un’iniziativa importante portata avanti dalla critica Chiara Zanini: parliamo della sua newsletter Cineaste, a cui potete iscrivervi QUI (gratuitamente oppure pagando una piccola cifra per sostenere il progetto).

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