Lido Roads #6 – Visioni positive

La giornata di oggi è stata molto piú soddisfacente di quella di ieri, a fine giornata sento di aver avuto occasione di accrescere la mia percezione dei film e del festival con esperienze positive.

Ho iniziato la giornata con Senza nessuna pietà di Michele Alhaique, opera prima su un tema visto e rivisto di organizzazioni criminali e aguzzini con, in fondo, un cuore tenero, che a dispetto del titolo è un film totalmente incentrato sulla pietá. Compassione e tolleranza tra sconosciuti, tra collaboratori, tra parenti, senza mai peró andare davvero a fondo nelle loro personalitá e nelle motovazioni profondo che li muovono.

Successivamente ho visto The Humbling di Barry Levinson, il film presentato ieri sera con Al Pacino nel ruolo del protagonista, mostrato come un attore che ha perso il dono e la passione. Ritiratosi nella sua villa, l’attore fallito si ritrova pateticamente coinvolto in vicende surreali da personaggi che irrompono nella sua vita, in un crescendo di ansia e frustrazione da cui emerge una sola domanda: sta succedendo davvero o sono cose che si sta immaginando? È la solitudine a creare le persone con cui vive oppure è realmente vessato dall’amante, dalla psicopatica conosciuta in terapia, dall’agente? Un film frizzante e buffo su una persona che non sta cosí bene come afferma, tra acciacchi, delusioni e una cocente insoddisfazione.

Short skin di Duccio Chiarini, che inizialmente non mi aveva incuriosito quando avevo letto la trama, si é rivelato un prodotto molto fresco e puntuale, che non ha lasciato un secondo di noia. Tratta dell’adolescenza difficile di un ragazzo affetto da fimosi, un piccolo eccesso di pelle del prepuzio che gli impedisce di masturbarsi. Senza mai parlare di questo problema coi genitori e con gli amici, il giovane Edoardo si comporta normalmente, amando e sorridendo alle persone, trasformando la sua lotta personale per la sessualitáe l’approdo all’etá adulta in una iniziazione per poter amare la ragazza di cui é innamorato da quando era bambino. La sua debolezza diviene dolcezza e rispetto verso gli altri, e il suo percorso per diventare adulto diviene cosí completo ed equilibrato. Tutta la vicenda è narrata attraverso situazioni comiche mai volgari e in uno splendido dialetto toscano. Per essere un’opera prima della Biennale College, dieci e lode.

Infine sono approdata in Sala Grande per la prima di Loin des hommes di David Oelhoffen, interpretato e co-prodotto da Viggo Mortensen. “Lontano dagli uomini” (traduzione del titolo originale) tratta un episodio all’interno della guerra d’indipendenza algerina: un ex comandante dell’esercito, ora maestro di scuola, viene incaricato di trasferire un prigioniero fino alla cittá di Tinguit perché venga processato e giustiziato per aver ucciso il proprio cugino per un furto subito. Uno scontro di interessi e di principi, di doveri e di sentimenti, sullo sfondo di un insanguinato conflitto che non manca di farsi percepire tra sparatorie, ronde, assalti, esplosioni. Due anime in viaggio attraverso meravigliosi, mastodondici paesaggi desertici, entrambi con un solo obbiettivo, sebbene portato avanti in modi molto diversi: l’annullamento di sè, lo scomparire dalla scena, non prendere parte alla sofferenza che pervade il luogo in cui vivono. Sparire e basta, lontano dagli uomini.

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