Altra importante giornata alla Mostra del Cinema di Venezia, che ogni giorno si popola di sempre piú numerosi spettatori e ospiti, in questo clima dove frenesia, aspettative ed emozioni legano film e persone.
Birdman or (the unespected virtue of ignorance), il film piú conosciuto e atteso, si é rivelato un progetto ambizioso, inusuale e coinvolgente, un percorso contorto negli intricati corridoi di un teatro di Brodway, ma anche un viaggio nella comprensione di sè da parte di un Michael Keaton delirante. Anche le interpretazioni di Emma Stone e Edward Norton, sostenute da uana sceneggiatura martellante, mi hanno lasciata senza fiato.
Reality di Quentin Dupieux ho sconvolto la Sala Darsena con la sua storia surreale e contorta, un decoupage di sogni di gioia e realtá squallide, che oserei definire lynchiano. Un lavoro sorprendente, di fronte al quale la successiva visione di La vita oscena di Renato De Maria mi ha lasciata senza alcuna emozione, se non la noia per un progetto assolutamente non al livello del festival.
Queste proiezioni mi hanno permesso di vedere la nuova Sala Darsena, ristrutturata in occasione di questa edizione: adesso sembra di entrare in una enorme conchiglia nera, venata del bianco dei led lungo le pareti, che vengono spenti progressivamente prima della proiezione, rendendo l’ambiente molto suggestivo.
L’emozione piú grande del giorno é giunta alle 22.15, in Sala Grande. É uno dei film che piú attendevo, uno dei pochi di cui conoscevo il regista, Joshua Oppenheimer. Il suo film The look of silence, presentato ieri sera in concorso, mi si era prospettato come una esperienza di visione e coscienza, cosí come il suo film precedente The act of killing lo era stato. Questi due documentari parlano dello stesso tema, il colpo di stato in Indonesia nel 1965 e la strage dei comunisti fino ad allora partito dominante. Mentre The act of killing raccontava le storie dei carnefici, gli assassini della strage di piú di un milione di uomini e donne, The look of silence segue e vive con una delle vittime, Adi, un uomo il cui fratello fu ucciso in questa terribile strage. I due film completano un unico racconto, in cui i killer vivono da re e le vittime sono rassegnate ad attendere la giustizia divina, una storia che Oppenheimer segue e documenta dal 2003, da piú di 10 anni, vivendo accanto a tutti loro. Oppenheimer e Adi erano presenti in sala ieri, e, dopo gli scroscianti applausi di venti minuti che hanno riempito la sala, si sono abbracciati, lungamente, come fratelli. È stato uno dei momenti piú belli che il cinema mi abbia regalato, dandomi forza nella convinzione che il cinema puó essere storia, puó essere la vera espressione del coraggio e del desiderio di cambiare le cose, fino a riuscire a cambiarle veramente, come i film di Oppenheimer hanno fatto con le persone che ha conosciuto e filmato in Indonesia.
Arianna Vietina