Dong Film Fest: uno sguardo sul cinema cinese contemporaneo

Si è concluso domenica 28 ottobre il Dong Film Fest, festival del cinema cinese contemporaneo, che è nato a Torino appena tre anni fa ma già dimostra una crescita notevole. Basti pensare che quest’anno, oltre la rassegna di cinque lungometraggi cinesi portati in Italia, il festival ha anche importato in Cina ben sette titoli italiani, opere prime e seconde che hanno animato il cinema nell’anno scorso e che hanno conquistato gli spettatori orientali. Tra i titoli due film di cui avevamo parlato molto anche noi nei reportage dal Lido, Orecchie di Alessandro Aronadio e Manuel di Dario Albertini.

Questa è la prima edizione a cui assistiamo e il festival mi ha sorpreso nella sua semplicità unita a una grande passione e competenza che traspare dalle parole degli organizzatori (sono appena quattro i ragazzi che hanno curato la selezione) e dalla qualità dei film scelti.

Sono tutti lavori molto diversi ma nonostante questo la Cina che mostrano è la stessa. Ci viene presentato un paese ricco di sfumature contrastanti, tra poesia e palazzoni grigi, violenza e musica, elementi che concorrono tutti alla ricerca di un futuro di pace, dove ritrovare un’integrità. È stato assurdo vedere questi film proprio mentre sto studiando la storia del cinema cinese degli anni 80 e 90 e vedere come ci sia continuità così palese tra queste opere.

Girl always happy ritrae con crudo realismo il rapporto tra madre e figlia, dove il confronto tra le due avviene su molteplici livelli, da quello lavorativo al conflitto più primitivo tra giovani e anziani. Nonostante si siano viste numerose rappresentazioni del rapporto genitore figlio qui non ci si fa alcuno scrupolo. Viene rappresentato il desiderio di sopraffazione, l’invidia, il dubbio, la perdita della fiducia, che però si arrendono di fronte alla verità inalienabile di essere legati indissolubilmente.

Girls always happy

In Suburban Birds il protagonista è un ingegnere che sta operando delle rilevazioni geologiche in un’area periferica spostandosi con il suo team per la città. Parallelamente seguiamo anche un gruppo di bambini che ci fanno da guida per questa periferia, vivendo ogni episodio in stretto legame coi luoghi in cui si trovano. Sottilmente si insinua l’idea che uno dei bambini e il protagonista siano in realtà la stessa persona, e che quello che stiamo vedendo sia una parabola metaforica sul legame tra uomo e ambiente, e tra quello che eravamo in passato e ciò che siamo da adulti. Il film è tecnicamente molto particolare, fa credito al lavoro di Hong Sang-soo nella semplicità dei suoi quadri e nell’ormai tipico zoom, e ha l’originalità di parlare della speculazione edilizia attraverso piccole poesie.

Suburban Birds

Have a nice day è l’unico film d’animazione presente nella selezione, un lavoro sudatissimo che il regista ha portato a termine in circa 7 anni. Parla di una costellazione di storie differenti, anche qui ambientate nelle periferie cinesi, che si collegano grazie alla ricerca di una borsa di soldi che viene rubata, persa e ritrovata. Una crime story che è un pretesto per portare alla luce tante piccole fragilità del paese ma al tempo stesso intrattenere e divertire, grazie all’inserimento di numerose citazioni che aiutano molto lo spettatore occidentale ad entrare nel mood. Il film è al momento nella short list dei 25 film di animazione candidati al premio Oscar, e personalmente speriamo entri anche nella cinquina.

Have a nice day

Three Adventures of Brooke è personalmente quello che mi è piaciuto di più. Anche qui le eredità sono molte, è stato citato Rohmer ma deve anche ad esperimenti più recenti, per esempio il tedesco Lola Corre. Il viaggio di Brooke in Malasia è anche qui uno spunto per parlare di come la Cina e le sue tradizioni stanno continuando a evolvere, però ci arriva sottilmente, con la delicatezza propria dello sguardo di Brooke, arrivando a toccare temi profondi, come la vita dopo la morte e la fiducia nel prossimo che stiamo perdendo, con semplicità disarmante

Three Adventures of Brooke

Infine Dead Pigs, film già vincitore al Sundance e che sta già riscuotendo un successo planetario. Qui la denuncia di alcune dinamiche interne alla società cinese passa prendendo corpo nei personaggi stessi, che sono cinque rappresentazioni fisiche della povertà, della tradizione, del senso di alienazione che uno straniero può provare in Cina, ecc. Un film molto più pop come ritmi e tecniche di ripresa, a dimostrazione della formazione della regista (hongkonghese con studi in America) che ora è stata scritturata per un film DC comics, il primo film di supereroi che avrà alla regia una regista orientale.

Dead pigs

Si percepisce anche da queste brevissime impressioni come questi film riflettano ognuno a suo modo lo stesso mondo, sottolineando come le questioni che affrontano stiano emergendo visibili e sia impossibile non parlarne.

La varietà di stile e di ricerca ci dice che il fermento c’è, e anche che qui al Dong ci sono persone che sanno vederlo e valorizzarlo.

Purtroppo di questi film non c’è distribuzione italiana (una frase ritornello nei nostri articoli, purtroppo), ma fortunatamente il festival è in espansione e chissà che in futuro le loro selezioni possano viaggiare in altre città d’Italia.

Dal Dong Film Fest, questo è tutto! Alla prossima!

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