Bohemian Rhapsody: la recensione

Leggendo alcuni commenti su questo film mi è capitato sott’occhio il tweet di uno dei critici americani che seguo di più in cui lamentava il fatto che in molti hanno detto che sarebbe potuto essere molto di più. Critica ingiusta perché secondo Scott Derrickson un film non va criticato per quello che sarebbe potuto essere ma per quello che è. Si tratta di un concetto con cui io mi trovo perfettamente d’accordo e dico questo all’inizio della mia riflessione su Bohemian Rhapsody perché da un lato è vero, un film su uno dei personaggi più immensi della storia della musica forse poteva essere di più, ma ciò non deve influenzare la nostra percezione di quest’opera. L’unica cosa da tenere in mente durante la visione è il fatto che molti dei fatti storici sono stati alterati a scopo narrativo. Non credete a tutto quello che vedete nel film e se volete saperne di più potete leggere questo articolo di IndieWire.

Bohemian Rhapsody è un film eccentrico, con una regia quasi schizofrenica e imperfetta. Ma è proprio questa instabilità a renderlo speciale perché si sposa benissimo con il personaggio di Freddie Mercury rispecchiando le sue caratteristiche principali. L’eterogeneità della fotografia crea un puzzle che una volta uniti tutti i pezzi forma un quadro piacevole e che fa uscire dalla sala con quel calore nel cuore che accompagna la visione di un buon film. I momenti di debole CGI sono difficili da ignorare ma passano in secondo piano di fronte alle interpretazioni degli attori. Su Rami Malek serve un paragrafo a parte, ma in generale ogni singolo attore ha eseguito delle ottime performance. In particolare Gwilym Lee (Brian May), Ben Hardy (Roger Taylor) e Joseph Mazzello (John Deacon), che interpretano gli altri tre membri dei Queen, sono eccezionali. Insieme a Rami Malek sono riusciti a creare una dinamicità e un affiatamento che sono una gioia per gli occhi. L’unico attore che stona è Allen Leech che in ogni momento in cui è presente forza troppo il suo personaggio rendendolo una caricatura stucchevole.

Veniamo a Rami Malek. Interpretare Freddie Mercury non è una cosa da poco ed è un notevole peso da portarsi sulle spalle. Dopo il grande successo di Mr. Robot Malek ha cominciato a catturare l’attenzione di pubblico e produttori e anche se questo è solo il suo secondo ruolo da protagonista sul grande schermo (il primo è quello di Buster in Buster’s Mal Heart), si tratta di un ruolo fondamentale per la sua carriera. Diciamo che la prova complessiva è da cento, con alcuni elementi che purtroppo non permettono di dargli la lode. Nella prima parte del film Malek per interpretare Freddie indossa la parrucca che potete vedere qui sotto.

Certo la sua presenza è giustificata dalla dovuta ricostruzione storica del personaggio, ma è come se fosse un peso che grava sulla recitazione di Malek. Forse perché non realizzata troppo bene o forse per un motivo più sottile, ma in qualche modo disturba. Perché dal momento in cui si passano agli anni Ottanta e sparisce la parrucca, Malek cambia completamente. Nell’ultima parte del film infatti è perfetto. Sembra una totale reincarnazione di Freddie Mercury e nella sequenza del concerto del Live Aid fa venire la pelle d’oca. Il modo in cui rappresenta tutto il dolore che si celava dietro al genio di Mercury ha una delicatezza che pochi attori riescono a dare ai loro personaggi.

Vi consigliamo di non perdervi questo film perchè con la stagione dei grandi premi in arrivo è sicuramente uno dei titoli di cui si sentirà parlare di più. Anche se non ha riscosso un grande successo tra la critica, è uno di quei film che portandosi addosso il fatto di essere un buon film biografico e avendo tra le sue carte delle grandi performance si farà strada senza problema tra le nomination dei premi più importanti. Che poi vinca o meno è ancora tutto da vedere.

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